Dio
Vedo il tuo scheletro sotto ai vestiti, la tua testa ciondola sopra di esso.
Hai smesso di mangiare; rifiuti la poltrona per bruciare calorie restando in piedi. Immagino che tu sia stanchissima; non me lo dirai, tutta chiusa su te stessa nella tua lotta contro il corpo.
Ne disconosci la realtà e le esigenze.
Sei riuscita a fermare il tempo. Hai domato le mestruazioni, venute ad annunciarti l’imminente e allarmante maturità sessuale; le hai zittite: loro, con quel ritmo così fastidiosamente autonomo da te. Le hai piegate.
Non hai bisogno di nulla.
Sei come un Dio.
Terrore
Gonfia della tua onnipotenza, muori di paura quando senti la fame. È bieca, minacciosa, mina la tua sicurezza.
A volte, cedi.
Ti abbuffi avidamente. Metti dentro tutto ciò che eri riuscita a tener fuori da te fino a quel momento.
Il vomito viene spinto fuori dalla gola sotto l’onda del senso di colpa, dell’angoscia, della vergogna, del dolore. Ti fa ripiombare indietro, là dove le uniche risposte possibili sono tornare a vestirti da Dio e l’amore per quell’immagine che tu scambi per te.
Ti ricomponi, ti asciughi la bocca, ti tiri su, in piedi, ti rimetti il trucco pesante (quello sugli occhi e quello sull’anima). Diventi la caricatura di te stessa.
Perfetta, di nuovo trionfante, brami la lode senza darlo a vedere.
Tu
Ti intuisco là dietro, là in fondo. Hai dei bisogni, hai dei desideri. Che paura che qualcuno lo sappia. Ti fanno sentire smarrita.
I desideri struggenti che ti rivelano avida e il bisogno, altrettanto angosciante, di negarli combattono una guerra ad armi pari; uno smisurato odio e uno smisurato amore convivono, disperandoti.
Che cosa immagini di te stessa? Cosa pensi di dovere nascondere? I tuoi occhi deformanti ti mostrano un corpo e una psiche che non hai, che non sei e che ti fanno orrore.
Non ti seguirò né nella colpa né nell’onnipotenza. Come tutti sei soggetta alla morte, e ti uccidi.
Chiediamo aiuto, invece, e proviamo
(di nascosto per ora, a bassissima voce)
a capire chi sei
e a vivere.