“Tutti abbiamo una certa idea di noi stessi … spesso la facciamo coincidere con un certo personaggio immaginario in cui ci riconosciamo … Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura … ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. Siamo il bosco dove cammina, il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la gente che passa, il colore delle cose, i rumori”. (A. Baricco)

Ecco un gioco che sembra intrigante. Porsi di fronte all’interrogativo: “Se fossi una storia, che storia sarei?”.
Trovare una risposta non è cosa facile. Proviamo con un esempio, pescando dal popolare e generoso mondo delle favole. Se per raccontarmi scegliessi la storia di Biancaneve, starei dicendo di sentire dentro di me… una fanciulla dolce e pura, una matrigna invidiosa, un principe innamorato (di qualcosa di bellissimo e mortalmente immobile, per altro), un cacciatore compassionevole, un padre poco attento. E ancora avrei dentro tutti e sette i nani, con la loro laboriosità, tenerezza, ingenuità, sonnolenza, cultura. Ma sarei anche tutti gli odori del bosco, il bianco della neve, il rosso del sangue, la miniera dura e preziosa, la casetta che offre riparo, la bara di cristallo che trattiene ciò che non si vuole perdere, la mela, metà dolce e succosa, metà avvelenata e mortale. E poi sarei tutti gli affetti che vorticosi circolano: la vanità, la malizia dell’inganno, l’accoglienza incondizionata, la fatica di separarsi, lo sguardo fiducioso, la smania di primeggiare. E molto altro ancora…

Così siamo fatti. Bizzarri agglomerati di elementi incredibilmente disparati, ognuno con il proprio personalissimo dosaggio e combinazione. Eroi e missioni, antagonisti e sabotaggi, tempeste e mareggiate, regge suntuose, antiche locande, profumi di torta, macchie di inchiostro, epoche passate, scenari futuri, bambini smarriti, mostruose creature, alleati fedeli. Siamo indispensabili premesse, avventurosi sviluppi, inevitabili conclusioni.
Abbiamo profili armonici, composti da parti ben combinate, fluidamente incastrate tra loro. Inciampiamo poi, a sorpresa, in dettagli, talvolta nemmeno così discreti, che sembrano non c’entrare affatto: scomode e vistose pecore nere che non sappiamo dove sistemare.
Torniamo ora al nostro gioco. Come si può fare a capire “che storia siamo?”.
Tutto inizia con una ricerca. Un viaggio alla scoperta dei tanti piccoli mondi contenuti nel nostro planisfero interno. Un’impresa che ricorda l’avventura ultraterrena di Dante, un’immersione tra vizi e virtù, affanni e fulgori, ascese e abissi, perdizione e speranza e via così, a toccare tutti i luoghi dell’anima. E viaggiando raccoglieremo, come conchiglie, le multiformi e segrete parti racchiuse in noi. Quelle imbarazzanti che fanno arrossire, quelle piccoline che si fanno dimenticare, quelle rumorose che invadono la scena, quelle timide che non trovano la voce, quelle compiacenti che si esibiscono a comando, quelle spaventate che cercano riparo, quelle buie che rifuggono la luce. Una rassegna di personaggi, atmosfere, ambientazioni, eventi, attese, melodie. Davanti a questo materiale vivo, palpitante, a volte scottante, si apre quindi la seconda sfida.
Creare una trama che tenga uniti tutti gli elementi, per cucirli assieme e intessere un racconto. Si dovranno costruire raccordi, strade e ponti; fili più o meno contorti in grado di legare e collegare punti vicini e lontani. A volte capiterà che qualche pezzo particolarmente arroccato resti sganciato e irraggiungibile, ad occupare imperturbabile il suo posto.
Ci sarà infine da ritoccare il tutto, posizionando accenti, punteggiatura e “caratteri speciali”, così da enfatizzare e sfumare, attenuare e rimarcare, dare tono e qualità alla narrazione.
Ed ecco che il racconto prende forma. Una storia per ogni persona, un genere per ogni storia.  A qualcuno basterà un racconto realistico per impacchettare tutto il suo ordinato bagaglio. Altri avranno bisogno di un fantasy o di un thriller per poter rendere onore alle parti bizzarre e pittoresche che hanno incontrato.
Mr Gwyn, geniale “scrittore di ritratti”, ci ha insegnato che “noi siamo tutta la storia”. E in una storia tutto trova un posto e acquisisce un senso, anche gli elementi oscuri, pungenti, sconvenienti, poco presentabili. Il racconto miscela, amalgama, armonizza parti diverse, avvolgendole nella sua morbida trama.
In fondo gli orchi sono meno terrificanti, le pozioni meno velenose, le maledizioni meno infauste, se posti accanto all’astuzia del cavaliere, agli antidoti della mga e alle rassicuranti luci che ogni mattino porta con sè.

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